Lo smartphone che soppianta l’uso dell’orologio come sveglia al mattino: questa è disruption. Lo smartphone che fa da fotocamera entrando in concorrenza con le piccole compatte: anche questo è disruption.
Disruption è il ripensamento di pratiche consolidate, la rottura dei vecchi schemi. Più che un evento preciso, disruption indica un trend, ormai visibile nel retail, dove i touchpoint dei consumatori si sono moltiplicati ma soprattutto sono diventati multicanale, una vera rivoluzione nei processi di acquisto. I vecchi schemi vengono rotti e soppiantati da nuovi e il consumatore viene sorpreso nella sua esperienza di acquisto.
Se l’orologio non è più usato per guardare l’ora, oggi è visto però come un oggetto di lusso da tenere al polso o ancor meglio per quelli smart per monitorare le proprie attività sportive. Anche la fotocamera ha visto modificato il proprio ruolo: se le compatte hanno subito l’ondata degli smartphone, quelle professionali e reflex invece sono sempre più un must have per chi vuole distinguersi nell’arte di ritrarre soggetti. Insomma non sempre disruption significa distruzione di qualcosa, ma piuttosto ripensare il ruolo di qualcosa. È possibile parlare anche di disruption nell’in store promotion? Sì e vedremo come.
Disruption nel retail: il ruolo del punto vendita oggi
Ecommerce, app, social media: la società è già cambiata e il retail non può che adattarsi. Il processo di acquisto ormai è multicanale, o meglio, omnicanale: il consumatore si muove su più strade, ha una customer journey sempre più complessa e fatta da molti più stimoli.
Un tempo il processo era molto lineare: la pubblicità influenzava le scelte delle persone che concludevano il proprio percorso decisionale rigorosamente nel punto vendita. Oggi abbiamo siti, blog, social media, forum, app per recensioni e il classico e vecchio passaparola. Evidente quindi che il digitale ha portato un’ondata di cambiamento nella routine quotidiana dei consumatori e quindi nel punto vendita. Proviamo a dare dei numeri a questa disruption.
Dall’Osservatorio di Multicanalità 2017, tenutosi lo scorso 12 ottobre alla School of Management del Politecnico di Milano, emerge che i consumatori italiani si dividono nei non connessi a internet (40%) e negli internet user (60%). Questo secondo gruppo si divide a sua volta in due macro-segmenti: gli InfoShopper, coloro che usano internet nel momento della ricerca di informazioni, pari al 21% della popolazione italiana, e gli eShopper, coloro che utilizzano la rete in tutte le fasi di acquisito e sono circa il 39% della popolazione italiana (Dati Nielsen 2017).
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Ciò che emerge da questo osservatorio è che il retail rimane un touchpoint fondamentale per il consumatore. Sempre dal rapporto Nielsen infatti si nota come nel 2017 sia diminuito il gap tra due pratiche degli internet user: l’Infocommerce, il cercare informazioni su internet e poi acquistare sul punto vendita, e lo Showrooming, vedere prima sul punto vendita il prodotto e poi acquistarlo su internet. Se nel 2010 Infocommerce batteva Showrooming con un 8 a 2 (84% vs 26%), oggi sono quasi a pari merito: il primo viene praticato dal 56% degli internet user, mentre il secondo dal 50% degli internet user.
Tutto ciò a dimostrazione del fatto che il retail non è sparito dalla customer journey del consumatore ma riceve un nuovo ruolo: come afferma Christian Centonze, Business Solution Manager di Nielsen, il punto vendita non è più il luogo principe della vendita ma piuttosto un media, dove i prodotti più che venduti vengono raccontati e fatti vivere al consumatore. È con questo che si spiegano le scelte di Zalando e Amazon di investire sul retail fisico: proprio due colossi dell’ecommerce simboli ormai della disruption portata nel retail fisico, guardano al punto vendita come una nuova opportunità per la customer experience. Ecco il nuovo ruolo del punto vendita: esso è teatro di esperienze.
Disruption nell’in store promotion: cosa rompe gli schemi?
Dicevamo: se il retail fisico riesce a ripensare il proprio ruolo in questo trend della disruption forse è il momento di ripensare anche il ruolo della in store promotion. Disruption infatti non deve essere solo una rottura degli schemi in senso digitale. Disruption nell’in store promotion è anche far trovare il prodotto in un punto dove il consumatore non se lo aspetta oppure far fare un percorso esperienziale alle persone in store per scoprire nuovi prodotti.
Come ha fatto L’Oréal, che ha portato innovazione e disruption nella promozione di alcuni prodotti del reparto dermocosmetico di quattro linee diverse del canale pharma.
La promozione-esperimento è avvenuta in una farmacia nel periodo di giugno, quando le persone ricominciano a ripensare alla cura del proprio corpo in vista della bella stagione.
Il consumatore è stato invitato a provare una nuova esperienza sensoriale sulla pelle attraverso un visore digitale 360° in un’area dedicata lontana dal consueto percorso ingresso-banco. Il VR portava le persone all’interno di un viaggio che rappresentava quattro profili di consumatore corrispondenti alle quattro linee di prodotti in promozione. Ciò che veramente era disruption era l’assenza della marca all’interno del viaggio: la vera protagonista era l’emozione.
Al termine della visione il personale dedicato alla dermocosmetica suggeriva la prova del prodotto per ciascun profilo finalizzando poi la vendita.
I risultati sono stati notevoli perché oltre a promuovere un prodotto in una modalità totalmente nuova rompendo la routine del consumatore in farmacia, l’attività ha anche sensibilizzato il personale a una nuova modalità di consiglio che avviene fuori dal banco della farmacia. Questa in store promotion è stata vero teatro dell’esperienza.
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