Ne avevamo già parlato in Gli X factor del visual merchandising | # l’atmosfera: il visual merchandising è quello che influenza la prima impressione all’accesso in uno store o in uno spazio espositivo. La cura del layout, dei materiali, delle luci, del design determinano l’impatto iniziale sul consumatore e possono agire sulle sue scelte di acquisto. Se nel precedente articolo abbiamo parlato di come realizzare atmosfere avvolgenti con tecniche visual, ora affrontiamo il tema molto attuale della dimensione digitale all’interno del retail.
Il ruolo dello store oggi
Da tempo ormai web e digitale sono entrati nelle abitudini quotidiane dei consumatori: le persone si informano sul web, ricevono informazioni con applicazioni o newsletter su mobile anche durante la permanenza in store, fanno shopping online. È anche noto il fatto che il retail fisico detiene ancora un ruolo centrale nel processo di acquisto e comunicazione per brand e prodotti: infatti, il 67% dei potenziali clienti viene intercettato nel punto vendita (fonte Nielsen Europe 2016).
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La tecnologia digitale è inizialmente entrata nello store con il fine di velocizzare e rendere sicure alcune funzioni: sistemi di self-checkout che consentono di realizzare autonomamente operazioni di scansione, imbustamenti e pagamento, Quick Read (QR) che forniscono informazioni su prodotto, fino ai sistemi di pagamento POS, beacon e contactless via smartphone che permettono di fare acquisti veloci e sicuri.
Portando all’eccesso questa digitalizzazione il rischio potrebbe essere quello di introdurre elementi solo funzionali che non vanno a toccare la sfera emozionale del consumatore.
Digital & store: un connubio perfetto
Il segreto per evitare che la tecnologia invada il punto vendita piuttosto che valorizzarlo sta proprio nell’utilizzo che ne viene fatto. Se la vista è il senso che maggiormente guida l’acquisto di un consumatore, allora anche il digital può partire da questo punto. Una ricerca scandinava dimostra che la proiezione di contenuti generici in store consente di aumentare i risultati di vendita del 49,4%, cifra che sale fino al 92,8% nel caso di video brandizzati. Inoltre, filmati e schermi posti all’esterno dell’area espositiva aiutano a creare interesse sui prodotti e quindi a invogliare il consumatore a entrare nell’area di vendita.
Ecco dunque che il visual merchandising si occupa anche di digital: valorizzare la struttura di uno spazio e al contempo introdurre elementi che guidino il consumatore è possibile grazie a monitor che avvolgono il cliente con immagini e colori tipici del brand e del prodotto. Quando queste immagini sono intervallate con filmati generici sulla sfera di valori che riguardano il brand allora il visual merchandising si fa narrazione attraverso il digitale e crea atmosfera. Immagini di attività sportive, di gente che raggiunge obiettivi quando il brand produce articoli sportivi; immagini di persone dalla vita piena il cui smartphone è il supporto in molti attimi del loro vivere quotidiano se il brand vende elettronica. La comunicazione di valori e brand identity viene raccontata in un vero e proprio visual storytelling all’interno dello store amplificando la shopper experience.
I monitor possono raccontare non solo del brand ma anche del retail stesso. Installare schermi che trasmettono immagini di altre zone del punto vendita fornisce al consumatore una visione unica, ampia e completa del luogo in cui si trova, con la sensazione di essere al centro dello store.
Quando l’architettura si fa social
Con il digitale la comunicazione in store non è solamente la descrizione di un prodotto o pura persuasione. A fianco di monitor e grandi schermi ci sono applicazioni, digi-totem, tablet che permettono una comunicazione integrata fra punto vendita fisico e web. Posizionare device all’interno del negozio e introdurre applicazioni ad hoc consente di instaurare una comunicazione con il consumatore dove quest’ultimo può chiedere e scoprire altri prodotti, offerte speciali, giacenza di stock, informazioni su altri punti vendita o news sul brand e sull’utilizzo di prodotti. Quando lo store accoglie la rete si fa community e non solo luogo di acquisto.
«Proporre l’integrazione tra off line e on line vuol dire offrire al cliente esperienze digitali e di ‘smart technology’» scrive Francesca Zorzetto sul suo blog Milan Retail Store. Riferendosi a un punto vendita di un noto brand di make up si legge «Smart Technology, Design e Social Community sono le parole chiave di questo concept, caratterizzato da spazi aperti e ariosi, dominati dal colore bianco, perfetto per la presentazione del coloratissimo make up. [..] La sfida di integrare on line e off line è rappresentata dall’uso della tecnologia smart oriented utilizzata nello store per un’esperienza digitale: i clienti possono utilizzare degli iPad con applicazione ad hoc per avere suggerimenti sulla scelta del prodotto più adatto alle proprie esigenze e realizzare diversi tipi di make up. Nello store è presente anche un’area social.» E conclude dicendo che l’architettura dello store si sposa perfettamente con i valori del brand, con le aspettative del target ma soprattutto con le nuove sfide del retail.
Il valore del digitale in un punto vendita viene dato quindi dalla sua finalità: produrre informazioni funzionali e mirate al consumatore in ottica di comunicazione integrata e non più unidirezionale brand-cliente.
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