L’ultimo miglio è quel tratto che un Brand corre per arrivare con il proprio prodotto al consumatore: è il retail, luogo principe di incontro e sinapsi della strategia commerciale e comunicativa della marca. Punto di arrivo a livello di mobilità del prodotto, punto di partenza se si parla di strategie field.
Abbiamo già spiegato che quando si parla di ultimo miglio non ci si riferisce tanto alla logistica ma al canale fisico dove il consumatore sceglie cosa acquistare. Sempre più il retail è diventato strategico per i Brand e le previsioni di chi, qualche anno fa, sosteneva che l’online avrebbe fagocitato i vecchi punti vendita non si sono avverate.
Le cose però sono cambiate negli ultimi anni: l’online ha portato un grosso mutamento non solo come alternativa di canale dove acquistare ma anche come mezzo per farsi un’idea, condividere opinioni ed esperienze sul prodotto. I touchpoint si sono moltiplicati e i Brand hanno bisogno di tornare alle origini per sostenere il cambiamento: puntare sullo store fisico.
Le dinamiche insite nell’ultimo miglio
Come in una corsa ad ostacoli, il Brand ha diverse sfide moderne da affrontare sul retail.
Molti forse avranno sentito della débâcle di Snapchat che in un solo giorno ha perso poco più di un miliardo di dollari per un tweet di una influencer, la piccola di casa Kardashian. Questo fatto è la misura dei tempi che corrono, della complessità di gestire le relazioni con il proprio target e della difficoltà di mantenerne la fedeltà. Soprattutto con le nuove generazioni di consumatori, Millennial e Generazione Z, che sono caratterizzate da un basso indice di loyalty.
Altro dato di fatto: nel 2030 convivranno diverse generazioni di consumatori, dai Baby Boomers alla Gen Z. Queste generazioni hanno approcci all’acquisto estremamente diversi tra loro: Baby Boomers e Gen X si aspettano coerenza da retail e marca e sono tendenzialmente propensi al possesso, d’altronde sono le generazioni che ancora per molto tempo disporranno della migliore capacità di spesa; Gen Y e Z invece sono le generazioni della condivisione e dell’individualismo, si aspettano dal retail unicità e capacità di connessione di esperienza forse anche perché sono caratterizzate da un basso potere di acquisto.
Grande sfida del Brand è saper gestire questa fluidità di target e di comportamenti. Nel punto vendita deve emergere il valore del prodotto, la famosa reason why, e le marche dovranno intercettare il consumatore facendo attenzione alla nuova conformazione socio-economica.
Come partire dall’ultimo miglio?
Innovare è dare una risposta nuova a un nuovo bisogno. Per innovare bisogna partire da dove il consumatore interagisce con il prodotto: il punto vendita.
Retail e territorialità
L’ultimo miglio è legato alla geografia: ogni store vive della sua territorialità e ha uno specifico target. È importante che il Brand vada sul punto vendita per conoscere il luogo dove vuole dare valore al prodotto e ingaggiare il consumatore. È necessario utilizzare strumenti field capaci di presidiare lo store e dare informazioni su quest’ultimo. Attraverso figure dedicate e a report specifici è possibile conoscere clientela, stagionalità e guideline espositive del retail, cosa si vende, quando e perché. Field sales & marketing specialist, merchandiser e promoter sono in questo caso occhi, orecchie e mani del Brand: uno strumento di audit e allo stesso tempo di incentivo al sell out da cui partire per correggere la rotta.
Cura dell’esposizione
L’esempio di Snapchat riportato sopra è la prova di quanto basti poco perché un consumatore scontento si trasformi in un problema di immagine da gestire. Se nella comunicazione ATL si parla di sistemi di valori e di un immaginario in cui le persone dovrebbero riconoscersi, tutto questo non può sparire nel punto vendita dove tutto l’immaginario si tocca con mano.
Il prodotto deve essere esposto correttamente, curato nelle informazioni che lo accompagnano e possibilmente raccontato da promoter professionisti che soddisfino le curiosità del consumatore, altrimenti che differenza c’è con la dinamica carrello-pagamento dell’online?
Anche l’esposizione non può essere calata dall’alto: come sostiene la professoressa della SDA Bocconi di Milano Karin Zaghi, bisogna uscire dagli uffici e andare sul punto vendita prima come addetti ai lavori e poi come consumatori. Se non si conosce lo store con le sue dinamiche operative e le sue necessità si rischia di produrre progetti marketing che non possono essere implementati correttamente.
La nuova chance dell’omnicanalità
L’omnicanalità è un grande vantaggio per il canale fisico: integrare online e offline va a beneficio del consumatore, che si sente libero di muoversi come meglio crede nei propri acquisti, ma anche del Brand che ha la possibilità di integrare i dati derivanti da tutte le esperienze di acquisto.
I dati sono il petrolio del nuovo millennio: come ottenere dati però dal canale fisico? Il retail è una fonte spesso inesplorata di informazioni sul comportamento del consumatore. Riusciamo a capire come interagisce con i prodotti? Quanto sosta davanti a un lineare che ne ha attirato l’attenzione? Quante volte un promoter spiega al consumatore il prodotto? Grazie a sistemi di footfall analysis come Flow è possibile avere queste informazioni: il dispositivo rileva in maniera immediata dati sul comportamento del consumatore in store, dividendoli in impression ed engagement come fosse un eShop. Questi dati, uniti a quelli di sell out, permettono un’analisi sullo store, punto di partenza per una comprensione finalmente realistica dell’ultimo miglio.